viva la pheega

martedì 12 dicembre 2017

0 Piazza Fontana, una ferita aperta.

Milano, 12 dicembre 1969, ore 17:37.  Un boato nella Banca Nazionale dell’Agricoltura in Piazza Fontana, a pochi passi dal Duomo. I telefoni squillano all’impazzata. Sembra sia scoppiata una caldai, e invece la voragine nel pavimento è causata da una bomba con sette chili di tritolo, che fa 16 morti e 88 feriti. Un altro ordigno, inesploso, viene rinvenuto in Piazza della Scala.

Le indagini si concentrano fin da subito sull’area anarchica, con il fermo di Giuseppe Pinelli, che verrà poi assassinato nei locali della Questura tre giorni dopo, precipitando “misteriosamente” dalla finestra del quarto piano. In seguito viene arrestato Pietro Valpreda, poi rilasciato, essendo estraneo ai fatti. La situazione è confusa ma alcuni hanno già capito; tira una brutta aria a Milano, qualcosa dopo il 12 dicembre è cambiato.

In seguito si smaschereranno le responsabilità della destra neofascista come esecutrice materiale di questa strage e di quelle che poi sono seguite e dello Stato Italiano (non solo ma anche la Nato) come mandante.

Dal punto di vista giuridico la la Corte di Cassazione ha definitivamente chiuso il caso senza aver trovato, ne’ condannato nessuno. l’obbligo del pagamento delle spese processuali da parte dei parenti delle vittime.

Durante l’autunno del ’69, il cosiddetto Autunno Caldo, migliaia di operai hanno sfilato per le strade di tutta Italia ed in particolare di Milano, uno dei più importanti centri industriali ed economici. La bomba scoppiata nella Banca Nazionale dell’Agricoltura è una bomba di Stato contro i lavoratori.

La strage di Piazza Fontana e la strategia della tensione costituiscono un  insegnamento, specialmente per le giovani generazioni. E’ importante riflettere sul rapporto fra democrazia (borghese) e reazione autoritaria. Di fronte ad una perdita di potere o di consenso lo Stato democratico ha utilizzato i neofascisti per rilegittimarsi. La democrazia
La gioventù comunista deve essere cosciente della necessità della democrazia come migliore campo per condurre la lotta di classe, per la costruzione dell’organizzazione e la preparazione delle condizioni necessarie al superamento del capitalismo. E’ altresì opportuno considerare sempre la reazione da parte dello Stato borghese tramite il braccio armato costituito dai fascisti. Lottare contro il capitalismo significa lottare anche contro il neofascismo. C’è tuttavia il rischio di invertire i termini di questa frase e quindi di assumere l’antifascismo come base comune (questo può essere facilmente osservato nell’area della “sinistra” che ha abbandonato ormai ogni riferimento ad una visione classista), abbandonando la prospettiva rivoluzionaria della lotta di classe.

Quella di Piazza Fontana è una ferita ancora aperta che non può essere rimarginata. Una ferita che la giustizia borghese ha inutilmente voluto archiviare ma che non sarà dimenticata.


 di Alessandro Fiorucci

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