viva la pheega

giovedì 7 settembre 2017

0 Il Maggio ’68 non ha avuto inizio nel maggio 1968.

Gli studenti avevano dimenticato che l’Anarchismo era tornato ad alzare la testa in Francia e in Italia, subito dopo la fine della guerra nel 1945; si era ben dimenticato, il coraggio di coloro che pubblicavano giornali, riformavano le organizzazioni, riannodavano i contatti. Dai luoghi del loro esilio, gli Anarchici spagnoli hanno contribuito a mantenere accesa la fiamma del movimento, pur essendosi posti, talvolta, come modelli insuperabili; l’antifranchismo militante è stato senza dubbio, così come il movimento contro la guerra del Vietnam, uno dei propulsori del Maggio ’68. Dopo la presa del potere da parte dei partiti stalinisti nelle “democrazie popolari”, solo qualche debole voce vi rimaneva a testimoniare di un fiero passato Anarchico. Nei paesi occidentali e nelle Americhe, i partiti comunisti si arrogavano il ruolo di unica opposizione al capitalismo e alle democrazie liberali capace di farsi sentire. Si può ben dire che il mondo si sia stupito nel vedere la gramigna Anarchica rimettere radici. Negli Stati Uniti, i vecchi compagni di origine russa, italiana, spagnola, hanno faticato, essi stessi, a riconoscersi negli hippy e negli studenti arrabbiati; in Germania, non c’era che un pugno di veterani, Augustin Souchy, Willy Huppertz, Otto Reimers, che pubblicavano modesti bollettini. Nel giro di qualche anno, le librerie si sono improvvisamente riempite di tascabili sull’Anarchismo, riedizioni, antologie, saggi; i professori hanno cominciato ad accettare ricerche sulla rivoluzione spagnola, su Makhno e Kronstadt, studi sulla stampa, e poi lavori femministi e di storia orale. Nel giro di qualche anno si è venuta a costituire una cultura Anarchica di base, accessibile e accettata. Anche nell’Europa meridionale, nonostante l’Anarchismo non fosse stato completamente occultato, la diffusione delle idee e delle pratiche si è accelerata, così come quella della A cerchiata sui muri. Quando il Brasile ha conosciuto un breve periodo democratico, alcune opere erano inviate clandestinamente in Portogallo dove la ferula di Salazar proibiva lo studio della storia del XX secolo. Nella Spagna, schiacciata sotto il gioco di franco, la giovane generazione cercava le proprie radici, interrogava i suoi padri, pubblicava di nascosto. Alla morte del dittatore, centinaia di gruppi hanno adottato il nome di CNT. Nel 1984, anno simbolico come pochi, alcune migliaia di Anarchici si sono diretti a Venezia per ascoltarvi conferenze, partecipare a dibattiti, assistere a concerti, visitare mostre, raccontarsi le proprie pratiche. Nel 1993, erano quasi altrettanto numerosi a Barcellona per l’Esposizione universale. Questi grandi forum sono luoghi privilegiati per far incontrare non soltanto compagni di lingue e culture diverse, ma di diverse generazioni, sostenitori dell’Anarchismo classico e giovani occupanti di case, universitari canuti e variopinte ragazzine punk. Tra questi due raduni, la geografia dell’Anarchismo aveva preso nuove dimensioni: nei paesi dell’America Latina e dell’Europa dell’Est si costituivano o ricostituivano gruppi, pubblicazioni, memorie. Questo sviluppo multicolore e multiforme non si è più fermato da allora: gli Anarchici hanno un futuro per davvero. 

Marianne Enckell – storica e saggista libertaria.

 ⒶWalter Ranieri

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