viva la pheega

lunedì 27 febbraio 2017

0 Se fossi una tua amica caro dj Fabo



Se fossi una tua amica, caro Dj Fabo, non so se in questo momento soffrirei più per non aver potuto accarezzare le tue mani fino all’ultimo anelito della tua vita, o contro questo Stato che non mi ha dato questa possibilità. Caro Fabo hai ha scelto di chiudere la tua vita in un Paese non tuo, in una stanza d’ospedale fredda, sterile, senza i profumi della tua infanzia, senza la dolce ninna nanna di chi ti ha accompagnato nella tua vita e ti ha dovuto lasciare andare da solo ad abbracciare la morte. No so se soffrirei di più verso questo Stato che narra di avere la più bella Costituzione del mondo, oppure nella sua negligenza nel non voler applicare uno dei suoi articoli più importanti. Quell’articolo 13 che recita:” La libertà personale è inviolabile”.

Caro Fabo, la tua libertà è stata soppressa da un Paese che accetta supinamente l’etica pedofila di una Chiesa che non ammette i suoi reati, ma che è sempre pronta ad additare la luna non guardando le loro vesti imbrattate di innocenze perdute. Se fossi stata una tua amica, vedendoti cieco e tetraplegico in un corpo non tuo, imprigionato in ricordi appesi a una vita avvinghiata a Paesi impregnati di aromi, ricordando i tuoi capelli che profumavano di vento, alle tue mani che sfidavano gli imprevisti, origliando con tenerezza il tuo amore infinito per la tua ragazza, ti avrei voluto seguire nella tua ultima decisione. Ma non mi è stato concesso da questo Paese che ammette qualsiasi forma di violenza, e non il tuo amore per la vita. Perché la tua morte è stato ancora una volta un inno alla vita, un inno all’amore, alla libertà, alla pietà. Eri immerso in una notte senza fine, in una vita che ti ha visto emigrare per far rispettare la tua dignità. Se fossi stata una tua amica quando dicevi che volevi morire senza soffrire, avrei fatto di tutto per accontentarti. Perché l’amore è più grande dell’egoismo, è più grande del ritornare a casa e vederti interpretare quella vita che non ti apparteneva. Ti avrei aiutato in tutte le maniere, ma in Italia le leggi le fanno gli obiettori di coscienza, invece di persone che di coscienza vivono. Se fossi stata una tua amica mentre urlavi i tuoi appelli disperati verso questo Governo che lascia suicidare i precari e fa finte di niente, e mentre il tuo appello sulla legge sul testamento biologico restava inascoltato nelle tenebre di notti senza fine, avrei sperato di guardarli in faccia questi responsabili della nostra esistenza, per farli vivere nei tuoi occhi che hanno cercato fino alla fine di vedere il sole. Le persone che soffrono, non rientrano nei programmi di questo Stato sordo, cieco e muto. Non garantiscono la scelta di uomini che vogliono esercitare la loro libertà. Il tuo viaggio deve essere stato il calvario di un Cristo appeso alla sua croce, nell’interminabile salita verso il Golgota dove ci vede tutti innocenti. Hai dovuto pagare anche la tua morte, dopo aver pagato la tua vita. Sei morto in esilio, non sfiorato da dolci carezze e baci sui tuoi occhi. Se fossi stata tua amica, adesso sarei orgogliosa di te, del tuo coraggio, della tua lotta, del tuo amore. Per me, per la tua ragazza, per i tuoi amici, per la vita. Io non sono stata una tua amica, ma sono una madre. E questo, per me, è un inno di liberazione. Perché so che tua madre e tutti quelli che ti hanno amato, non soffriranno più per il tuo dolore, per lo strazio in cui hai dovuto vivere. Grazie Fabo, oggi mi hai insegnato ad esistere, e se fossi tua madre, oggi come sempre, sarei orgogliosa di te. Ma so che tua madre è oltre a me e a tutti. Essere mamma di un figlio così, è una fortuna che non capita a tutti. Grazie di essere venuto al mondo per insegnarci a vivere. Alle 11, 40 ho visto una farfalla volare. Una mamma.

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